bianco

Quante volte al quesito ” Come stai?” rispondiamo “bene” anche se non è del tutto vero? quante volte ci commuoviamo, vergogniamo o arrabbiamo e diciamo semplicemente “mi sono emozionato” ?

Come possiamo allora riuscire a capire e comprendere le nostre emozioni quando abbiamo difficoltà già solo a discriminarle? Vi è in molti una visione tutto o niente, un pensiero dicotomico, che ci “inganna“. Per poter capire le nostre reazioni e le nostre emozioni sarebbe importante avere due prerequisiti: un adeguato vocabolario emotivo e la capacità di discriminare la diversa intensità con cui vengono provate certe emozioni.

Alla fine di questo paragrafo ti chiedo di chiudere gli occhi per un minuto e di immaginare di essere al Polo Nord, un vento gelido t’avvolge completamente, il rumore del silenzio, il freddo che ti pizzica il volto, gli spazi immensi. Nota con attenzione quello che ti circonda, guarda attentamente ciò che hai intorno a te.

Ora, tornato con gli occhi aperti, ti chiedo di ricordare cos’è che hai visto e, soprattutto, qual’era il colore che dominava l’intera immagine che ti sei costruito.

In molti, se non tutti, dopo aver svolto questo esercizio rispondono sicuri : ” Il bianco“;

Ecco, pare, anche  se non è confermato del tutto, che gli eschimesi abbiano un elevato numero  di parole per definire la neve, la teoria è stata sviluppata da antropologi e psicologi negli anni Cinquanta, come fa notare un articolo del 1986 di Laura Martin, intitolato “Le parole eschimesi per dire neve”. Questa teoria è stata utilizzata spesso per spiegare le relazioni esistenti tra linguaggio, cultura e percezione. Nonostante nell’articolo di Laura Martin si sostiene che vi siano quattro o cinque parole per definire la neve, mentre con il passare degli anni si è arrivati a sostenere che ve ne siano venti, quaranta, cento.

Gli eschimesi, immersi costantemente in questo colore, pare abbiamo quindi sviluppato una notevole capacità di discriminare, riconoscere, distinguere anche le più piccole sfumature del colore bianco. La stessa cosa possiamo farla anche noi se provassimo a prestare la necessaria attenzione, i novelli sposi di sicuro ricorderanno la fatica per riuscire ad abbinare la camicia dello sposo al vestito bianco della sposa, la tonalità doveva essere la stessa, oppure, molto più economico, provate a mettere un foglio bianco su una parte bianca, notate qualche differenza?

Come gli eschimesi hanno fatto e fanno per la neve e il ghiaccio, allo stesso modo sarebbe funzionale che anche noi cercassimo di riconoscere e discriminare anche le più piccole variazioni nelle nostre emozioni, con le quali siamo nati e con le quali siamo sempre in contatto,  smettere  quindi di rispondere ” bene“, “ male “, ” mi sono emozionato” , ma contestualizzare la risposta,  fornirgli una valenza, “bene perché ____“, ” male perché ____” , ” mi sono commosso perché ____” , in modo tale da sviluppare un’adeguata alfabetizzazione emotiva, fondamentale per non lasciarsi soprassedere dalle emozioni che quotidianamente proviamo.

 

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15 Marzo 2017

Gli eschimesi delle emozioni

Quante volte al quesito ” Come stai?” rispondiamo “bene” anche se non è del tutto vero? quante volte ci commuoviamo, vergogniamo o arrabbiamo e diciamo semplicemente […]